Diritto alla salute

Telemedicina elemento abilitante per l’equità di accesso alle cure

La telemedicina è una grande opportunità che può aumentare il livello di esigibilità del diritto alla salute dei cittadini, la sostenibilità e l’innovazione del Sistema Sanitario Nazionale. Ecco cosa occorre perché sia colta pienamente e con la stessa intensità in tutte le aree del nostro Paese, scongiurando il rischio di disuguaglianze in sanità

Aggiornato il 16 Mar 2022

Tonino Aceti

Presidente Salutequità

“Lo sviluppo della telemedicina va considerato come un elemento abilitante per l’attuazione della riorganizzazione dell’assistenza territoriale”.

Ad affermarlo è la bozza del Decreto Ministeriale sugli “standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza territoriale”, il cosiddetto DM 71 del Ministero della Salute, messo a punto dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas), che ora dovrà passare al vaglio dei Presidenti e degli Assessori alla Sanità della Conferenza delle Regioni.

Telemedicina: una grande opportunità

Una definizione, quella della telemedicina (che ricomprende, ad esempio, la televisita, il teleconsulto, la teleassistenza, la telerefertazione…), tanto semplice quanto chiara e rilevante, visto che è contenuta in una delle riforme più importanti e attesa dai tempi dell’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale.
Riforma prevista, soprattutto, nella Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) da approvare entro il prossimo mese di giugno.

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Ma se la telemedicina è elemento abilitante per l’attuazione degli standard del territorio da garantire in tutte le Regioni, allora lo è anche per l’equità di accesso alle cure e per la ripresa e resilienza del Servizio Sanitario Nazionale.

La telemedicina trova spazio ben 49 volte all’interno del Decreto sugli standard territoriali e, ogni volta, viene esplicitato il suo valore: contribuisce alla sostenibilità, ridisegna dal punto di vista strutturale ed organizzativo la rete del SSN, attua la sanità d’iniziativa, rafforza l’assistenza domiciliare, spinge l’integrazione della rete professionale, monitora per prevenire lo sviluppo delle complicanze delle cronicità, valorizza al meglio le competenze e le responsabilità affidate all’Infermiere di Famiglia e di Comunità, garantisce la continuità assistenziale…

Insomma, la telemedicina è una grande opportunità che può aumentare il livello di esigibilità del diritto alla salute dei cittadini, l’equità di accesso alle cure, la sostenibilità e l’innovazione del SSN.

Cosa serve alla telemedicina perché “funzioni” davvero

Ma , la telemedicina necessita di:

  • investimenti di pari intensità in tutte le Regioni, per l’attuazione di programmi di sviluppo della competenza digitale dei cittadini e dei professionisti sanitari;
  • essere inclusa in una rete di cure coordinate (coordinated care), con lo stesso livello di accessibilità, efficienza, efficacia, appropriatezza e innovazione in tutte le regioni;
  • interoperare sempre con i diversi sistemi nazionali (ANA, NSIS, TS, PAGOPA, SPID, etc.) e regionali (FSE, CUP, etc.) e con le diverse articolazioni del SSN, a partire dal distretto sanitario per quanto riguarda il territorio, nonché con l’ospedale;
  • specifici indicatori di misurazione rispetto alla sua accessibilità nelle Regioni, da prevedere nel nuovo Sistema di Garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA);
  • poter contare su adeguati organici di personale sanitario in tutte le Regioni e sulla diffusione di modelli innovativi di politica professionale e di organizzazione dei servizi;
  • un chiaro e adeguato sistema di finanziamento per le Regioni, in grado di garantire pari opportunità di accesso in tutte le aree del nostro Paese.

Quest’ultimo aspetto è tanto importante quanto ancora critico, visto il non inserimento della telemedicina nel DPCM del 2017 sui Nuovi LEA e la sua conseguente non quantificazione nel fabbisogno sanitario nazionale annuale per un finanziamento strutturale.

Progetti per la telemedicina: occorre usare bene i fondi del PNNR

Va però allo stesso modo sottolineata l’importante opportunità che deriva dal miliardo stanziato con il PNRR, che sarà erogato alle Regioni previa presentazione di progetti per la telemedicina che dovranno “integrarsi con il Fascicolo Sanitario Elettronico, raggiungere target quantitativi di performance legati ai principali obiettivi della telemedicina e del Sistema Sanitario Nazionale, nonché garantire che il loro sviluppo si traduca in una effettiva armonizzazione dei servizi sanitari. Saranno, infatti, privilegiati progetti che insistono su più Regioni, fanno leva su esperienze di successo esistenti e ambiscono a costruire vere e proprie ‘piattaforme di telemedicina‘ facilmente scalabili”.

Sarà centrale, quindi, utilizzare al meglio questi fondi attraverso un sistema rigoroso di verifica sostanziale dei progetti regionali e, allo stesso tempo, lavorare alla definizione di un “livello di accessibilità al servizio di telemedicina e di esigibilità dello stesso da parte dei cittadini” che le Regioni devono garantire, sempre, in tutte le loro strutture nazionali, per una serie di condizioni patologiche e non solo per quelle in cui c’è una sperimentazione in atto e, ovviamente, nella stessa intensità su tutto il territorio nazionale.
Lo stesso vale per altri servizi di e-health.

Come scongiurare il rischio di disuguaglianze

Praticamente, occorre costruire e rendere esigibile un chiaro “Livello Essenziale di Assistenza Digitale (LEAD)”.

Lo si è iniziato a fare, in parte, con la bozza di decreto degli standard dell’assistenza territoriale. Merita di essere ulteriormente puntellato per il livello territoriale e molto rafforzato per il livello ospedaliero.

Infatti, se nella la bozza di DM 71 la parola telemedicina ricorre 49 volte, nell’analogo DM 70 del 2015 relativo agli standard ospedalieri, questa ricorre, invece, solo 1 volta:
Le Regioni avviano programmi di telemedicina per la gestione integrata tra ospedale e territorio di alcune condizioni cliniche ove ciò sia appropriato, tra le quali lo scompenso cardiaco, le broncopneumopatie croniche, il diabete.”.

Tutto questo per scongiurare il rischio che un servizio di sanità digitale come la telemedicina o come diversi altri, che nascono per garantire equità di accesso alle cure (oltre che altri obiettivi) possano, in assenza di correttivi, incrementare le disuguaglianze in sanità.


Del rapporto tra tecnologia ed equità, con particolare riferimento alla telemedicina, Tonino Aceti ne ha parlato anche in FORUM PA Sanità 2021. Qui un suo approfondimento preliminare. 

Articolo originariamente pubblicato il 16 Mar 2022

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