Digital Humanism

Sanità sostenibile e Umanesimo Tecnologico



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Innovazione digitale, salute della Persona, benessere organizzativo: temi che s’intrecciano nell’attuale dibattito sulla sostenibilità dei sistemi assistenziali. Tecnologia ed AI assumeranno sempre più il ruolo di supporto sanitario essenziale per sviluppare una Medicina veramente Personalizzata. Ma in tutto ciò, l’essere umano dovrà sempre essere al centro del progresso, guidandolo in modo etico, partecipativo e proattivo

Pubblicato il 4 apr 2024

Marta Bertolaso

docente di filosofia della scienza e sviluppo umano presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma



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“Bad theories destroy good practices”, scrisse Goshal nel 2005 parlando dei nuovi modelli organizzativi. Il mondo dell’innovazione e della Sanità non fanno eccezione, specialmente in un’epoca in cui:

  • assistiamo a processi di aggiornamento continuo nell’uso e gestione dei dati sanitari, nell’introduzione di tecnologia di Intelligenza Artificiale nei processi di prevenzione, diagnosi, telemedicina e sviluppo di nuovi farmaci
  • le ultime vicende pandemiche ci hanno messo di fronte alla necessità di ripensare i modelli organizzativi sui territori e attraverso le strutture ospedaliere e assistenziali per garantire a tutti le cure necessarie e l’accesso a percorsi di promozione della salute (gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’agenda 2030).

L’innovazione tecnologica in Sanità

Negli ultimi decenni, l’innovazione tecnologica ha portato a progressi significativi in ​​vari ambiti della nostra vita, incluso quello sanitario.

Nel 2020, l’avvento della pandemia ha accelerato precipitosamente la lenta trasformazione verso il digitale che stava prendendo forma dalla fine degli anni ’90.
In Sanità, la trasformazione digitale è iniziata con l’informatizzazione dei dati; alla fine degli anni ’90, i medici smisero di scrivere le cartelle cliniche dei pazienti su carta e archiviarono invece tutti i dati sui computer, intuendo un vantaggio strutturale nell’archiviazione.
All’inizio del 21° secolo è stata colta l’importanza della condivisione dei dati sanitari e l’interoperabilità delle informazioni è stata messa in pratica.

Tuttavia, l’innovazione più significativa si è verificata con l’assistenza sanitaria 3.0 quando l’accesso ai dati sanitari è stato concesso al paziente.

Negli ultimi anni si è iniziato a parlare di Sanità 4.0, che integra l’ospedale con il sistema di assistenza domiciliare e incentiva l’utilizzo di tecnologie indossabili da parte dei pazienti, che diventano così “smart”.
L’assistenza sanitaria 3.0 e 4.0 hanno coinvolto sempre più il paziente attraverso l’empowerment nella gestione della propria salute, favorendo così un ruolo attivo e partecipativo dell’utente sia nella fase di diagnosi che in quella di monitoraggio remoto.

Healthcare 5.0 e società 5.0

Possiamo andare oltre. In letteratura, ad esempio, troviamo un crescente riferimento, a partire dal 2021, al tema dell’Healthcare 5.0, ovvero un ulteriore cambio di paradigma che si struttura a partire dall’utilizzo correlato e congiunto di Intelligenza Artificiale, Realtà Aumentata e Mista (ed Estesa), Internet delle cose (IoT) e comunicazione 5G. L’Healthcare 5.0 si sta, quindi, delineando come un trend che assumerà una forma più strutturata già nei prossimi anni.
È strutturato a partire dal concetto di società 5.0, introdotto dal 5° Piano giapponese per la scienza e la tecnologia (2016-2020), che viene descritta come “una società centrata sull’uomo che bilancia il progresso economico con la risoluzione dei problemi sociali attraverso un sistema che integra fortemente il cyberspazio e lo spazio fisico.”.

Viene descritto come un modello di società in cui il Giappone aspira a creare una nuova società basata sul rispetto reciproco e su nuovi valori. Basata sull’uso onnipresente di dispositivi digitali e robotica, questa società mira a bilanciare progresso economico, sostenibilità e miglioramento sociale.

Verso una Sanità più sostenibile: al centro la Persona e il suo benessere

La società 5.0 diventa quindi un motore verso un nuovo modello di assistenza sanitaria che sfrutta la profonda connessione tra spazio fisico e digitale e si concentra su un nuovo modello organizzativo non basato sul fee-for-service ma sul value-based (Fombu, E. 2018 – The Future of Healthcare: Humans and Machines Partnering for Better Outcomes. Athena Books).
Il paradigma Healthcare 5.0 si configura come una trasformazione multilivello che implica un cambiamento culturale, scientifico, normativo e organizzativo capace di mettere al centro la persona e il suo benessere. È modellato dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), dai dispositivi basati sull’Intelligenza Artificiale, dalla Robotica medica e dalle applicazioni biomediche e inquadra la necessità di un nuovo approccio nella gestione sanitaria, come JCI (Joint Commission International).

Sanità sostenibile: una domanda sempre più pressante

Nonostante questi progressi sotto vari aspetti, diventa però sempre più pressante la domanda di una sanità sostenibile, ossia il dibattito sulla sostenibilità dei sistemi assistenziali come concepiti attualmente.

Nonostante, infatti, i nuovi modelli di sanità dichiarino la necessità di investire sul ruolo attivo e partecipativo del soggetto nella progettazione e nella valutazione del suo percorso assistenziale, il ruolo e il peso che le tecnologie possono e devono avere in questo processo è chiaramente ancora oggetto di dibattito, lavoro e approfondimento. Per questo motivo, è urgente considerare gli aspetti teorici, applicativi, sociali ed etici dei nuovi modelli emergenti.

Alla ricerca di un modello di Sanità sostenibile: i quesiti e le sfide

Quale modello è più sostenibile nell’assistenza sanitaria? Come leggere e trattare i dati provenienti dai dispositivi intelligenti associati ai pazienti? Può cambiare il concetto di salute e malattia secondo il nuovo modello di sanità? Come cambia la salute fisico-digitale il rapporto medico-paziente? Quale ruolo rimane all’assistenza sanitaria nelle sfide dei prossimi anni, soprattutto nella gestione delle malattie croniche o delle malattie degenerative?

A 45 anni dalla legge dall’Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (legge n. 833/1978) il bilancio e ri-lancio del Paese appare complesso. Le necessità sono chiare, come pure le opportunità per lo sviluppo del Paese. Eppure, possiamo rischiare una deriva tecnocratica nel cercare una soluzione ai problemi. Le difficoltà e sfide organizzative e di innovazione, infatti, non sono un problema tecnico ma sociale, etico e politico (in senso alto).

Anche nell’ambito sanitario, una innovazione proiettata verso crescite che reiterano sistemi produttivi ed economici come quelli che hanno creato i problemi che soffriamo, portano sistematicamente ad evitare la riflessione sui limiti e sui confini, che sono invece generativi di nuove prassi e nuove economie.

Medicina e Sanità sostenibile: modelli (dis)integrati

Approcci riduzionisti ed efficentisti hanno generato una frammentazione della conoscenza e delle prassi anche assistenziali, che sta minando alla base i fondamenti per una Medicina e una Sanità sostenibile ed efficace. Alcuni sintomi:

  • ridurre le persone ai dati delle loro parti biologiche, a numeri e funzioni, porta a soluzioni inefficaci ed inefficienti, spesso dannose
  • una cosa è utilizzare i dati come strumento di modellazione, altra è ridurre la realtà ad algoritmi, cosa che genera un danno tale per cui poi le spiegazioni che si offrono o i modelli che si implementano non rispondono alla realtà esperienziale
  • una cosa è lavorare con le statistiche, altra è pretendere di catturare/rappresentare gli esseri umani in un’equazione: la liberà e i valori, infatti, non possono essere ridotti a criteri di ‘errore’ o di ‘valutazione del rischio’.

Se tutta la società risente di questi fenomeni, a maggior ragione il sistema sanitario deve essere tutelato. La società, infatti, si basa su un patto sociale e su legami sociali che si alimentano della capacità umana di convergere su obiettivi comuni per il bene comune, anche attraverso le nuove tecnologie di AI. Ma il tessuto della società civile viene progressivamente distrutto da aspettative che puntano meramente ad un benessere individualista, se si alimenta di dinamiche autoreferenziali e di scenari tecnocratici che vedono nella tecnologia e mera disponibilità di dati la soluzione alle complessità e complicazioni dei sistemi anche assistenziali attuali.

La frammentazione disciplinare nel mondo accademico e gestionale nei sistemi amministrativi sono una logica conseguenza di questi paradigmi riduzionisti.

A questa frammentazione serve allora contrapporre:

  • una conoscenza integrata nell’uso dei dati che si basa nella pratica su:

(i) onestà e contestualizzazione dei dati

(ii) coinvolgimenti di tutti gli stakeholders nella interpretazione dei dati

(iii) perseguimento collettivo di un benessere integrale, che tenga cioè in conto la natura relazionale del benessere delle persone dagli altri e dall’ambiente (One Health).

  • un pluralismo e una gestione integrata dei modelli organizzativi. Questo implica:

(i) dare priorità alle necessità dei territori

(ii) lavorare a principi generali che fungano da bussola nell’innovazione tecnologica e nell’implementazione dei servizi e delle filiere assistenziali.

  • un sistema di patenti per l’uso di tecnologie di AI applicate ai sistemi e ai processi di cura per una medicina personalizzata degna di questo nome.

La personalizzazione delle cure, infatti, non è in capo ad una conoscenza molecolare sempre più approfondita delle patologie o delle terapie possibili, ma ad una comprensione sempre più sistemica ed integrata dell’insorgenza e diffusione delle patologie e della prevenzione e cura.
Approcci personalizzati in medicina seguono, cioè, la logica tipica della cura (presa in carico del contesto, affiancamento nel percorso di cura, analisi dinamica della progressione patologica o di guarigione), non una progressiva miniaturizzazione delle patologie o degli interventi.

Serve passare da risultati inefficienti a benefici sostenibili.

Cos’è davvero l’Intelligenza Artificiale?

I recenti progressi nel campo dell’Intelligenza Artificiale hanno innescato un intenso dibattito etico e politico. Tuttavia, le nostre preoccupazioni etico-politiche si riferiscono quasi sempre a problemi ontologici più profondi, tanto da poter mistificare e confondere i piani quando dobbiamo interrogarci sul ruolo delle macchine e quindi anche delle nuove tecnologie di AI all’interno dei processi organizzativi ed assistenziali.

La cosa più elementare che possiamo chiederci ontologicamente è se l’Intelligenza Artificiale esista o meno.

Luc Julia, che ha guidato il team di sviluppo SIRI presso Apple, intitola provocatoriamente il suo libro: L’intelligence artificielle n’existe pas.

D’altra parte, come ha ricordato anche Katharina Zweig, dell’Algorithmic Responsibility Laboratory dell’Università di Kaiserslautern, il termine intelligenza artificiale è emerso negli anni ’50, quando gli scienziati volevano raccogliere fondi per le loro ricerche. Ma la maggior parte degli informatici lo trova oggi inappropriato.
Machine learning o deep learning sono nomi altrettanto confusi in contesti non specialistici.
Tutti questi nomi rischiano di avere principalmente una funzione commerciale, pubblicitaria, anche propagandistica, senza rispondere alla verità delle cose. Risuonano immediatamente nei titoli di fantascienza e dei media. Ma nessuna macchina capisce, conosce, impara o è capace di contare fino a due. Cosa che sanno fare le persone, con l’aiuto, a volte, delle macchine.

Sistemi di controllo delegato (DeCo)

Per quanto appena visto, il suggerimento è quindi di ragionare in termini di sistemi di controllo delegato (CoDe – Bertolaso e Marcos, 2023).

Il cambio di prospettiva di cui abbiamo bisogno potrebbe essere riassunto in poche parole: dobbiamo passare dal considerare i sistemi di intelligenza artificiale come “sistemi tecnici con conseguenze sociali” a “sistemi sociali tecnicamente implementati”.
Cioè, anche le persone fanno parte dei sistemi di intelligenza artificiale, come progettisti, manutentori, utenti, supervisori… È in queste persone, e non nella parte artificiale, che risiede l’intelligenza di questi sistemi.

Le macchine di per sé non possono essere intelligenti. Questa limitazione non risponde ad un problema tecnico risolvibile, ma ad una questione ontologica. La speranza (o la minaccia) di risolverlo attraverso la sofisticazione tecnologica si rivela illusoria, un mero errore categorico. Tenerne conto è, quindi, anche una questione etica.

Cosa vogliamo dire quando affermiamo che una macchina memorizza o elabora i nostri dati medici?

Diciamo che, ad esempio, un certo stato elettromagnetico della macchina è legato alla mia pressione sanguigna. Ovviamente, non esiste tra loro un rapporto fisico, ma piuttosto un rapporto semantico che si instaura attraverso una persona capace di comprendere stati elettromagnetici come la pressione sanguigna.

In breve, lo stato elettromagnetico (o quantistico) di un computer non è di per sé un dato, a meno che una persona non lo colleghi a un determinato oggetto. Senza persone, un sistema di intelligenza artificiale smette immediatamente di essere intelligente. Non ci sono più dati. Non simula più nulla. Non svolge più alcuna funzione. I suoi problemi sono finalmente finiti. Ciò che chiamavamo informazione si perde. Ogni decisione cessa di essere realmente tale.

Engagement e inclusione

Per contribuire ad una agenda di lavoro efficace, anche un Meeting di Esperti che ha avuto luogo di recente al Campus Bio-Medico di Roma si è confrontato sui seguenti temi:

  • Caratterizzazione del concetto di Sanità contemporaneo e rapporto con i modelli sanitari precedenti
  • Analizzare il ruolo del paziente nell’assistenza sanitaria da prospettive etiche, epistemologiche e teoriche, includendo fattori sociali ed economici
  • Rimodellare il concetto di Sanità e il concetto di Medicina personalizzata alla luce delle implicazioni sociali, politiche, economiche e legali dei modelli emergenti, e alle conseguenze di una gestione sanitaria mediata dal concetto di paziente fisico-digitale.

Questo tipo di impostazione porta con sé anche la necessità e opportunità nuova di sviluppare tecnologia capace di monitorare l’engagement delle persone nei processi di cura mediati da tecnologia avanzata.

Il coinvolgimento (engagement) diventa, cioè, uno dei fattori di successo – anche se spesso trascurato perché non ancora quantificabile con gli attuali modelli – nella realizzazione di qualsiasi azione o compito.

Tramite tecniche di Supervised Learning, che integrino informazioni rilevate mediante sensori basati su reti ambientali IoT e comuni wearable device, è possibile pensare di monitorare lo stato di coinvolgimento della persona o prevederne l’andamento nel tempo in modo da intervenire preventivamente in contesti di patologie complesse e sistemiche o semplicemente per l’inclusione sempre più efficace e autonoma di persone affette da disabilità nei processi assistenziali (cfr. anche Corti L, Afferni P, Bertolaso M. Healthcare 4.0 and human-centric approach. In: Medic Journal Thirty Years of Medical Humanities. MEDIC).

È un modo che si sta esplorando per valorizzare ulteriormente il fattore umano e la sua centralità attraverso lo sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative fondate sul principio del codesign, consentendo anche di sviluppare nuovi sistemi di misura sulla base di pattern, ad esempio, fisio-motori e contestuali che indicano se la persona coinvolta nel compito sta svolgendo in modo coerente le funzioni previste.

Un sistema intelligente così realizzato sarà utile per la rilevazione e la predizione dello stato interno di una persona a livello di coinvolgimento, stress, carico di lavoro generati da un compito di vita quotidiana, una sessione di studio o training, un esercizio riabilitativo, un’attività professionale. Adeguatamente calibrati e addestrati per il contesto di utilizzo, i software generati saranno in grado di migliorare, operativamente, le prestazioni e il benessere degli utenti.

Umanesimo tecnologico e Sanità sostenibile: dal paradigma del controllo al paradigma della cura

Questo tipo di innovazioni implica, sia teoricamente che praticamente, il passaggio da un paradigma di controllo ad un paradigma di cura.

Secondo questa prospettiva, è necessario interpretare l’assistenza sanitaria secondo il ruolo di mediazione della tecnologia nel processo di cura e nella relazione medico-paziente, discutendo questioni aperte come la sostituzione dell’uomo nel processo di cura o il sé quantificato (si veda anche: Bertolaso et al 2022, Digital Humanism. A human centri approach to digital technologies, Palgrave).

La prospettiva che si vuole evidenziare riformula le questioni aperte affermando che:

  • il miglior utilizzo della tecnologia nel processo di cura non è tanto la completa sostituzione dell’operatore umano, ma la mediazione della tecnologia nella relazione tra paziente e caregiver
  • l’uso pervasivo della tecnologia e la sua applicazione in ambito sanitario impone una riflessione sui flussi di (big) data, sulla loro conservazione e sulle loro applicazioni più avanzate (come i digital twin, i “gemelli digitali” che dovrebbero permetterci di predire il futuro dei pazienti o di un intero sistema sanitario), osservando come gli strumenti digitali possano rappresentare una risorsa fondamentale ma potenzialmente pericolosa. 

L’approccio educativo e quello politico

A livello educativo è, ovviamente, essenziale formare le persone alla virtù, più che istruire le macchine all’ideologia della correttezza politica. I pregiudizi ingiusti non verranno reindirizzati riprogettando gli algoritmi, ma sviluppando persone virtuose. E le virtù vanno educate nell’attuale contesto tecnologico.

A livello politico, l’approccio CoDe permette identificare immediatamente il deficit di legittimità e il rischio per la libertà delle persone. Pertanto, la maggior parte delle tecnologie CoDe non possono essere, in ultima analisi, nelle mani di una sola forza politica o di sole poche grandi aziende. Troppo potere in troppe poche mani. Analogamente, i dati sanitari dovrebbero rimanere di proprietà dei singoli individui, mentre gli Stati dovrebbero gestire le piattaforme di uso e condivisione garantendone l’affidabilità e trasparenza.

In altre parole, non si tratta tanto di promozione di nuovi “diritti digitali” ad hoc, ma di far convergere i vari attori sulla tutela dei processi il cui controllo deve derivare dall’educazione alle virtù e dal rispetto dei diritti umani fondamentali (vita e libertà), oltre che da principi generali condivisi e promossi a livello delle organizzazioni internazionali.

Il ruolo della mediazione tecnologica nel rapporto medico-paziente

Lo sviluppo di soluzioni intelligenti favorisce la trasformazione dei ruoli del medico e del paziente perché:

  1. dal punto di vista del medico, l’accuratezza della diagnosi è migliorata dall’uso di metodi di intelligenza artificiale e, inoltre, la storia clinica del paziente è più accessibile con l’uso dell’EHR. Inoltre, i dispositivi tecnologici favoriscono la gestione della terapia
  2. se prima il paziente veniva escluso dal processo di cura il cui unico titolare era il medico, attraverso lo sviluppo di piattaforme di scambio dati, come EHR, e dispositivi di automonitoraggio, oggi il paziente è maggiormente coinvolto poiché può monitorare costantemente il suo stato di salute e l’accesso ai suoi dati medici.

Nello specifico, il paziente ricerca informazioni rilevanti sulla sua salute e viene informato ed educato sulla sua malattia. Pertanto, in questo nuovo approccio, il medico e il paziente diventano “intelligenti” attraverso l’uso della mediazione tecnologica, impegnandosi proattivamente e mettendosi in discussione in un modello di cura personalizzato.

Nonostante il rischio connesso a questa prospettiva, prevediamo il cambiamento nel considerare la Tecnologia come supporto sanitario essenziale per sviluppare una medicina personalizzata in cui l’essere umano sia al centro del progresso in modo partecipativo e proattivo.

Poiché il dibattito sulla mediazione tecnologica nel rapporto medico-paziente è attualmente particolarmente intenso, occorre approfondire la questione con un’attenzione particolare.

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