Realizzare un sistema sanitario più efficiente è un passaggio obbligato e molte delle soluzioni adottate per far fronte alla passata emergenza sanitaria causata dalla pandemia da Covid-19, devono diventare sistematiche per poter dar luogo a una trasformazione verso una sanità più evoluta e sostenibile.
Una sanità che renda più efficace l’erogazione di servizi, riduca i tempi di attesa e semplifichi la comunicazione tra strutture sanitarie e cittadini. E che, soprattutto, migliori la salute dei cittadini.
In tutto ciò, un importante aiuto può arrivare dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che, con la sua Missione 6 – Salute, prevede riforme e investimenti per 15,63 miliardi di euro da indirizzare al settore Salute, in particolare proprio alla sanità digitale.
Ma quando si parla di sanità digitale, di preciso cosa si intende?
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Che cos’è la Sanità Digitale
I dati sono la base del digitale e le tecnologie informatiche il mezzo per estrarre valore da tali dati. Va perciò da sé che con il termine sanità digitale si intenda l’uso delle tecnologie per raccogliere ed elaborare i dati in modo da migliorare i servizi, curare i pazienti e condividere informazioni sulla loro salute.
In altre parole, si intendono applicazioni mobili, dispositivi indossabili, interfacce vocali, sistemi per le analisi e tutti quei dispositivi e apparecchiature digitali che consentono di acquisire informazioni sui pazienti e sul loro stato di salute.
I big data così raccolti sono poi elaborati (anche tramite intelligenza artificiale) per facilitare la diagnostica, abilitare la telemedicina e prendere così decisioni migliori.
Ma il ricorso al digitale permette anche di dematerializzare le ricette per farle diventare ricette elettroniche, e semplificare così l’approvvigionamento di farmaci, verificare l’aderenza alle terapie (anche via smartphone) e avere ospedali più efficienti perché eliminano la carta nei processi sanitari. Le cartelle cliniche elettroniche sono un efficace esempio.
Gli esempi di sanità digitale sono innumerevoli e portano tutti al medesimo risultato: rendere più efficienti i servizi per aumentare la capacità di diagnosticare con precisione le malattie e di fornire assistenza e cure adeguate all’individuo. Anche per la sanità vale il concetto di data-driven.
Come funziona la sanità digitale e come diventa data driven
I benefici che comporta un uso accurato del digitale nella sanità vanno però oltre uno schema di cura tradizionale. Infatti, le maggiori opportunità di monitorare e predire la salute delle persone anche da remoto che offre la digitalizzazione della sanità consentono l’adozione di un sistema in grado di sfruttare in maggior misura le cure presso la casa del paziente potenziando l’assistenza sanitaria territoriale. In questo modo si possono offrire servizi sanitari alle persone che hanno più difficoltà a interfacciarsi con il personale sanitario.
Allo stesso tempo, le capacità predittive abilitate da una sanità data-driven permettono di avere una più efficace ed efficiente allocazione delle risorse. Ne consegue un più preciso controllo delle tecnologie utilizzate e delle terapie messe in atto nonché una maggiore qualità ed efficacia dei servizi erogati.
Questo, per le strutture sanitarie e ospedaliere, significa potersi basare sulla previsione dei possibili ricoveri futuri per effettuare una più precisa programmazione, riuscendo così a predisporre persone e turni per occuparsi in modo adeguato dei pazienti. A tutto beneficio sia dei pazienti stessi, che vedono ridursi le attese e migliorare le cure, sia del personale sanitario che ottiene un appropriato supporto lungo tutte le fasi di gestione dei pazienti per offrire servizi sempre più personalizzati e capaci di soddisfare sempre meglio esigenze specifiche.
L’aumento delle capacità decisionali che consente la sanità digitale è uno dei fattori che più influisce sulla possibilità di incrementare la qualità e l’efficacia dell’assistenza sanitaria. Per ottenere questo risultato, però, è necessario avvalersi di strumenti di supporto che possono esprimere il proprio valore proprio in funzione della quantità di dati e di informazioni strutturate disponibili. Non solo. Fondamentale è anche la possibilità di condividere i dati sanitari. In questo, un ruolo basilare lo riveste la Connected Care.
Come i Big Data rendono migliore la Sanità attraverso analisi più accurate sul paziente
Secondo il recente studio Digital Health2030 – Verso una trasformazione Data-Driven della Sanità, il settore sanitario è la prima fonte per la generazione di dati a livello mondiale, con circa il 30% del volume globale. Seguono manifattura, servizi finanziari e media/intrattenimento. E, per il 2025, il tasso di crescita annuale composto dei dati del settore sanitario dovrebbe raggiungere il 36%. Numeri che danno l’idea di quanto i dati rappresentino un enorme potenziale da sfruttare per la sanità digitale.
Tuttavia, perché tale potenziale possa essere davvero sfruttato, è necessario che i dati possano essere gestiti in modo adeguato tramite sistemi flessibili, scalabili e modulabili. Solo così si può assicurare sia una corretta conservazione dei dati stessi a fronte di qualsiasi inconveniente (disastro o attacco alla cybersecurity) sia di consentirne un’efficace elaborazione.
Inoltre, i sistemi impiegati per raccogliere e gestire i dati devono tener conto delle architetture dei sistemi sanitari, le cui strutture – sempre più spesso – comprendono svariate sedi distaccate, distribuite sul territorio, che elaborano i dati localmente prima di condividerli.
I sistemi impiegati nella sanità digitale devono quindi essere in grado di amministrare tutti i processi che sono in prima istanza elaborati on the edge, come nel caso delle cartelle cliniche o dei referti della diagnostica per immagini analizzati sempre più anche attraverso tecniche di intelligenza artificiale.
Sanità digitale: il modello della Connected Care
Oggi la sanità digitale si basa su un ecosistema sanitario che è sempre più interconnesso e che vede protagoniste tecnologie come la big data analytics, il cloud, l’intelligenza artificiale e il machine learning.
Tale ecosistema, chiamato Connected Care, consente di condividere le informazioni sanitarie con tutti coloro che sono coinvolti nel processo di cura (infermieri, medici, operatori sanitari a domicilio e sul territorio).
Gli strumenti di sanità digitale della Connected Care
L’Ecosistema sanitario è stato individuato all’interno del Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica amministrazione attraverso tre progetti principali:
- il Fascicolo Sanitario Elettronico
- il Centro Unico di Prenotazione o CUP
- la Telemedicina.
Gli operatori che entrano in contatto con il paziente sono connessi tra di loro e, attraverso la Cartella Clinica Elettronica, hanno a disposizione tutta la storia clinica del paziente, in modo da prendere le decisioni migliori ed essere supportati nel rapporto con i pazienti.
Il modello della Connected Care ha l’obiettivo di collegare il paziente con il personale sanitario coinvolto nell’intero percorso di cura, al fine di porre il paziente al centro dell’ecosistema sanitario. Ovviamente, la tecnologia è lo strumento che permette tale integrazione, consentendo la condivisione e l’elaborazione dei dati.
Oltre a essere la base di una sanità digitale interconnessa, sia a livello regionale sia centrale, la Connected Care prevede che anche i pazienti stessi possano accedere a una serie di dati che li riguardano. Ciò avviene tramite il Fascicolo Sanitario Elettronico.
Ruolo e adozione del Fascicolo Sanitario Elettronico
Oggi il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) può sicuramente essere considerato come una delle massime espressioni della Connected Care, e quindi della sanità digitale, in Italia. Infatti, il FSE riunisce diversi dati inerenti alla storia clinica di una persona e cui può accedere sia la persona stessa sia gli operatori sanitari che l’hanno in cura per potersi avvalere di tali informazioni per prendere decisioni migliori in relazione alla sua cura.
Il Fascicolo Sanitario Elettronico può però consentire al cittadino anche di accedere a diversi servizi. Può, infatti, fungere da centro unico di prenotazione di visite ed esami, permette di consultare i referti, mantiene gli storici degli esiti di ricoveri o di interventi, consente di ricevere le ricette per le medicine o di cambiare medico.
Il Fascicolo Sanitario Elettronico nasce per avere sempre disponibili i dati inerenti alla salute così da poter fornire sempre la cura migliore. Tuttavia, al momento, mostra qualche limite. Anzitutto è gestito a livello regionale, quindi la struttura può differire da Regione a Regione e i dati possono non essere condivisibili. In secondo luogo, pur essendo già attivato per tutti i cittadini italiani, il Fascicolo Sanitario Elettronico nelle Regioni è utilizzato in modo molto differente.
Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano, il FSE è usato dal 33% dei cittadini (era il 12% nel 2021) e il 54% dei pazienti (nel 2021 era il 37%).
Tuttavia, va sottolineato che, mentre Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Piemonte hanno una percentuale di alimentazione del FSE superiore al 50% (percentuale di documenti pubblicati e indicizzati sul FSE rispetto al totale delle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie pubbliche negli ultimi due anni), regioni come Campania, Liguria, Sicilia e Calabria hanno, invece, livelli di alimentazione che non superano il 5%.
È evidente che ci sia ancora da lavorare per portare il Fascicolo Sanitario Elettronico a ricoprire efficacemente il ruolo che si vorrebbe realmente avesse.
Tuttavia, di recente, sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale le Linee guida per l’attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, passo che dovrebbe far diventare il FSE il punto esclusivo per l’accesso al Sistema Sanitario Nazionale per cittadini, operatori sanitari e medici. Si dovrebbero, quindi, finalmente superare i confini regionali per dar vita a un database nazionale in cui confluiscono tutte le informazioni contenute nei singoli FSE dei cittadini. Questi ultimi potranno perciò essere seguiti dal proprio Fascicolo Sanitario Elettronico durante tutta la vita e dovunque decidano di avere la propria residenza lungo la Penisola.
Un’altra novità che dovrebbe caratterizzare il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 è la condivisibilità di nuovi dati acquisiti nell’ambito di attività di prevenzione, diagnosi e cura in occasione di campagne di screening e servizi di telemedicina.
Centro unico di prenotazione CUP e Sanità digitale
La Sanità digitale rappresenta un progetto che ha per obiettivo sia la facilitazione dell’accesso al sistema sanitario sia la riduzione dei tempi. Questo processo può avvenire solo grazie all’unificazione dei tanti servizi che hanno come punto centrale di aggregazione il CUP o Centro unico di prenotazione che si comporta né più, né meno come un Hub di gestione e monitoraggio.
Dal CUP è possibile effettuare la prenotazione ai servizi sanitari, locali, regionali o nazionali attraverso diversi canali di comunicazione digitali, come:
- portale internet dell’Asl
- app
- totem presso comuni o farmacie (ecc.).
favorendo la gestione integrata delle agende di prenotazione e la riduzione dei tempi di attesa.
Telemedicina, la cura si sposta a casa del paziente
L’impiego dell’Internet of Things nella sanità, ossia dell’Internet of Medical Thing (IoMT), ha grandi potenzialità di applicazione e offre la possibilità di creare un ambiente in cui migliorino sia il controllo della salute e della sicurezza del paziente sia la qualità delle cure. Ciò perché il paziente viene curato direttamente a casa sua usando dispositivi IoMT che permettono il monitoraggio della salute da remoto di persone affette da patologie croniche o di lunga durata o il monitoraggio dell’aderenza alle terapie. Attraverso i dispositivi indossabili, si possono poi inviare informazioni su vari parametri vitali agli operatori sanitari.
La telemedicina abilita proprio la possibilità di monitorare e curare i pazienti a distanza, quando sono a casa, potendo fornire servizi tempestivi e maggiormente personalizzati.
Durante la pandemia da Covid-19, la telemedicina ha mostrato tutto il suo valore, consentendo la collaborazione tra i professionisti e garantendo la continuità di cura e assistenza ai pazienti.
Il ricorso a questo tipo di assistenza sanitaria è stato massiccio, ma, terminata l’emergenza, afferma l’Osservatorio Sanità Digitale, già nel 2021 l’impiego della telemedicina è calato significativamente, seppure ci si sia assestati su percentuali di utilizzo più elevate rispetto a quelle pre-pandemia.
Tuttavia, per far sì che l’uso della telemedicina diventi strutturale e non regredisca ulteriormente, bisogna prevedere strategie e investimenti specifici.
Il PNRR per la telemedicina, prevede stanziamenti diretti proprio a sostenerne e incentivarne l’adozione.
La sanità digitale e il volano del PNRR
È evidente che la sanità digitale sia l’unico strumento per poter soddisfare in modo adeguato le attuali necessità nel mondo della salute. Tuttavia, nonostante l’accelerazione indotta dalla pandemia, sinora ci si è mossi troppo lentamente nella digitalizzazione della Sanità.
Dai più recenti dati raccolti dall’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano, risulta che nel 2021 la spesa per la Sanità digitale in Italia è cresciuta del 12,5% rispetto al 2020, toccando quota 1,69 miliardi di euro, pari all’1,3% della spesa sanitaria pubblica.
Una crescita decisamente superiore a quella degli ultimi anni, ma non ancora sufficiente a imprimere il “cambio di marcia” necessario a colmare il ritardo accumulato.
L’attesa trasformazione digitale potrebbe arrivare grazie agli stanziamenti previsti dal PNRR, che dedica a riforme e investimenti nel settore Salute l’intera Missione 6, stanziando 8,63 miliardi di euro all’innovazione e alla ricerca per la digitalizzazione del servizio sanitario nazionale e 7 miliardi di euro alla creazione di reti di prossimità, strutture intermedie (Ospedali di Comunità) e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale.
Gli investimenti nella Digital Health: sì, ma dove e quanto si investe
Gli investimenti in Sanità Digitale – negli ultimi periodo – stanno facendo registrare record su record. Ma in cosa conviene (e si dovrebbe) investire in ambito Digital Health?
Un’analisi sulle Direzioni Strategiche delle strutture sanitarie italiane svolta dall’Osservatorio Sanità Digitale in collaborazione con la Federazione Italiana delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere mette in luce che, tra gli investimenti previsti dal PNRR, il 64% dei Direttori sanitari ritiene molto rilevante lo sviluppo di soluzioni per garantire la raccolta del dato di cura del paziente, come la Cartella Clinica Elettronica.
La riprova arriva dal fatto che il 60% delle aziende sanitarie italiane afferma di voler investire sanità digitale. Nella classifica, per importanza seguono:
- i sistemi per l’integrazione ospedale-territorio, in particolare la Telemedicina (rilevante per il 56% dei Direttori e ambito di investimento previsto nel 2022 per il 58% delle aziende sanitarie)
- le soluzioni che consentono l’integrazione con sistemi regionali e/o nazionali, come il Fascicolo Sanitario Elettronico (ambito prioritario per il 47% dei Direttori).
Pur riconoscendo la strategica importanza degli interventi previsti dal PNRR nell’ambito della sanità digitale, il 46% dei Direttori evidenzia che c’è ancora poca chiarezza su come utilizzare le risorse in gioco.
Tutto ciò, anche per la difficoltà di direzionare bene le risorse del PNNR per la Sanità Digitale trasformandole in un’opportunità per restituire valore reale per il futuro della salute dell’intera collettività, secondo l’approccio One Health.
Articolo originariamente pubblicato il 17 Nov 2022