L’attesa non è una parentesi di inattività prima di conseguire un obiettivo, ma è parte integrante dell’esperienza di una persona. Tanto è vero che mentre aspettava, un uomo ha creato un’impresa.
Ben prima che la Sanità scoprisse le parole “patient experience” e “phygital”, Mauro di Maulo – founder di Artexe – osservava numeri luminosi, code e flussi di persone come se fossero un linguaggio da decifrare, convinto che ogni passaggio dell’attesa potesse essere ripensato per restituire tempo e dignità a chi lo attraversava.
L’intuizione arrivò semplice e potente: un numero, una coda, un flusso possono essere vissuti come ostacolo oppure come servizio: dipende da come li progetti, da quanta tecnologia e quanta empatia ci metti dentro.
È così che l’idea di trasformare la gestione delle attese in un vero motore di innovazione divenne il seme di un’impresa . Oggi Mauro Di Maulo, da cui prenderà forma Artexe, poi diventata Maps Healthcare, è arrivato a ridisegnare l’accesso ai servizi sanitari con totem self-service, soluzioni phygital e piattaforme integrate di comunicazione omnicanale.
Assieme al founder di Artexe, vogliamo qui ripercorrere il passaggio da startup a parte di un gruppo industriale, la scelta di focalizzarsi sulla patient experience, le opportunità aperte da Intelligenza Artificiale e interoperabilità.
Non è solo la storia di un’azienda, ma il racconto di come uno sguardo diverso sui dettagli possa cambiare, nel profondo, il modo in cui un cittadino arriva alla cura.
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L’idea di Artexe: vedere ciò che non c’era
“Prima di fondare Artexe, lavoravo in Rinascente e poi nell’universo Upim, dove mi occupavo di franchising e di gestione delle attese nei punti vendita. Passato a una piccola azienda di ‘elimina code’ per la PA, mi resi conto che la logica era la stessa, ma le conseguenze erano più pesanti: negli uffici pubblici e negli ospedali in fila non c’era un cliente annoiato in fila al reparto salumeria o in cassa, bensì una persona spesso preoccupata o che stava male”, racconta Di Maulo. È in quel momento che, agli occhi del manager, la gestione delle attese smise di essere solo un tema di efficienza e diventò una questione di dignità della cura.
Artexe nacque dal desiderio di portare nella Sanità la maturità digitale del retail, degli aeroporti e della grande distribuzione, adattandola però a processi infinitamente più complessi. Insieme a Fabrizio Biotti e al fratello Ruggero, Di Maulo costruì una startup “molto orientata all’innovazione”, con una missione dichiarata: vedere ciò che ancora non esisteva nei percorsi di accesso alla cura e trasformarlo in soluzioni concrete, scalabili e sostenibili.
La scelta strategica fu netta: l’azienda si orientò verso la Sanità, perché in quel settore il bisogno era (ed è) enorme e strutturale. Oltre a migliorare l’esperienza del paziente, spiega Di Maulo, “l’obiettivo era liberare quante più risorse possibile dalle attività burocratiche per restituirle alla cura, nella consapevolezza che i costi relativi all’accoglienza pesavano per circa il 50% del totale del budget amministrativo”.
La rivoluzione silenziosa dei Totem
Di Maulo racconta di come, partendo dall’osservazione dei “baracconi” di cassa negli ospedali e dei Totem rigidi degli aeroporti, abbia progettato con il Politecnico di Milano dispositivi compatti, flessibili, capaci di fare accettazioni, pagamenti, ritiro referti a seconda del contesto e del processo ospedaliero. Non si trattava di automazione fine a sé stessa, quindi, ma di riduzione drastica dei tempi di attesa in piedi, dello stress per chi deve solo pagare un ticket o ritirare un referto, del costo operativo per mantenere sportelli e casse fisiche.
Il passaggio dai numerini elettromeccanici al digital signage e ai totem interattivi non fu solo un aggiornamento tecnologico, ma un vero cambio di paradigma. La patient experience diventò un ecosistema phygital: dispositivi fisici, software, portali, app e sistemi di back-end che dialogano per orchestrare un accesso coerente, continuo, il più possibile autosufficiente per il paziente.
Al contempo, si offrì al settore una tecnologia capace di “assorbire” la complessità della Sanità senza scaricarla sulle persone in attesa.
Un nuovo corso intrapreso con lo stesso spirito imprenditoriale degli esordi
Nel 2018 Artexe venne acquisita dal Gruppo Maps e diventò parte della divisione Maps Healthcare: per Di Maulo non fu uno “strappo”, ma la naturale evoluzione di un’azienda che aveva bisogno di massa critica per sostenere una crescita sempre più rapida. “C’è un momento in cui si smette di ‘guidare la nave’ per entrare in una flotta più grande, dedicandosi alla parte dove può generare più valore: visione, ascolto del mercato, individuazione delle prossime value pro position – narra con evidente orgoglio -. Maps Healthcare non è stato solo un investitore finanziario, ma una piattaforma industriale che ha integrato le soluzioni eccellenti di Artexe, evitando sovrapposizioni”.
La svolta ulteriore e l’orizzonte futuro: AI, sostenibilità, interoperabilità
Il 31 ottobre 2025 ha preso il via la “terza era” dell’impresa fondata da Di Maulo: Maps Group ha ufficializzato il cambio di ragione sociale della propria controllata Artexe S.p.A., che è diventata Maps Healthcare S.p.A.
Oggi, il fondatore di Artexe – ora Head of Innovation and Business development per la patient experience di Maps Healthcare – dedica gran parte del suo tempo a quella che chiama “evangelizzazione”: “Desidero che chi scrive anche solo una riga di codice o progetta un flusso capisca dove andrà a finire quel lavoro e che mantenga viva la stessa tensione imprenditoriale che ha generato l’azienda”, s’impegna Di Maulo, facendo leva sul suo Dna da imprenditore visionario.
Intanto, guarda al futuro e progetta nuove frontiere tecnologiche. “Le soluzioni più sperimentali, però, restano ‘in incubazione’, in attesa di normative chiare e di una qualità dell’AI all’altezza della delicatezza dei dati sanitari, perché proporre innovazione non significa esporre strutture e cittadini a rischi non gestiti”, specifica.
Già oggi, Maps Healthcare lavora su chatbot e voicebot per prenotazioni, reminder, gestione automatica di contatti, moduli di AI, con grande attenzione a sicurezza, privacy e alle linee guida nazionali.
E riguardo al futuro? “Credo che la distinzione rigida tra pubblico, privato e assicurativo sia destinata a sfumare a favore di un ecosistema integrato, obbligato a cooperare per ragioni di sostenibilità. Le Regioni spingono verso piattaforme di interoperabilità e reti ampie, dove solo attori strutturati, abituati a lavorare con standard elevati di sicurezza e compliance, possono reggere la complessità”, sottolinea in chiusura.
È su questa alleanza tra visione, competenza industriale e responsabilità verso l’esperienza di cura che Di Maulo immagina il prossimo capitolo della sanità italiana.






