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Sanità digitale: investimenti, tecnologie e adoption. Numeri e tendenze



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PNRR, dati strutturati, telemedicina e AI: gli investimenti, le tecnologie e i nuovi modelli di gestione, assistenza sanitaria e cura che stanno abilitando la trasformazione digitale del sistema sanitario italiano

Pubblicato il 16 giu 2025



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La trasformazione digitale della sanità italiana sta attraversando una fase cruciale. I progetti finanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), l’evoluzione delle tecnologie digitali, la crescente disponibilità di dati clinici e l’applicazione dell’intelligenza artificiale stanno modificando profondamente il modello di assistenza, puntando su efficienza, interoperabilità e continuità delle cure.

In questo scenario, riguardo a sanità digitale e investimenti e relativi aspetti organizzativi, operativi, culturali e gestionali, emergono numeri e tendenze che testimoniano non solo l’entità del cambiamento in atto, ma anche le sfide ancora da affrontare.

Nel suo intervento al convegno organizzato di recente dall’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano, è entrato nel merito di queste tematiche Paolo Locatelli, Head of Digital Innovation Unit, PoliHub.

Sanità digitale: investimenti e obiettivi per la digitalizzazione ospedaliera

L’azione del PNRR sulla digitalizzazione delle strutture ospedaliere si articola in investimenti in sanità digitale per un totale di 2,8 miliardi di euro, di cui 1,45 miliardi destinati specificamente all’ammodernamento digitale di 280 ospedali pubblici di primo e secondo livello. La scadenza per la spesa e rendicontazione dei fondi è fissata entro il 2025.

Gli investimenti in tecnologie digitali sono cresciuti del 27% in un solo anno, passando da 473 a 600 milioni di euro, un dato che supera ampiamente la media di crescita annua dell’intero comparto sanitario digitale in Italia, che si attesta intorno al 10%.

Cartella clinica elettronica: adoption e criticità

La cartella clinica elettronica (CCE) è presente oggi nell’85% delle strutture sanitarie italiane, con un incremento di 13 punti percentuali in un anno. Tuttavia, solo nella metà di queste strutture la CCE è attiva in tutti i reparti, segno di una diffusione ancora parziale e frammentata.

Un ulteriore 10% delle strutture prevede di completarne l’adozione entro il 2025, prevalentemente attraverso modelli condivisi sovra aziendali.

Dal punto di vista delle iniziative regionali, si segnalano progetti di rilievo in Lombardia (33 milioni di euro per 19 aziende sanitarie pubbliche), Trieste (9 milioni di euro per strutture di emergenza-urgenza), Sardegna e Toscana.

Alcune regioni, come l’Emilia-Romagna, hanno invece lasciato alle singole aziende sanitarie la gestione autonoma del percorso di digitalizzazione.

A livello nazionale, sanità digitale e investimenti sono stati supportati da due importanti gare centralizzate Consip finalizzate alla diffusione della CCE: la prima da 450 milioni di euro e la seconda da 420 milioni.

Uso della CCE da parte dei professionisti sanitari

Il divario tra disponibilità tecnologica e uso effettivo della CCE da parte dei professionisti sanitari rimane marcato.

Solo il 62% dei medici specialisti e il 41% degli infermieri dichiara di utilizzare regolarmente la CCE nella pratica clinica.

Tra gli specialisti, il 39% lavora con una cartella aziendale unica ma parametrizzata per la propria specialità, mentre il restante si divide tra cartelle non integrate, non specifiche o ancora non disponibili.

Sanità digitale e investimenti per il FSE 2.0

Il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 (FSE 2.0) rappresenta un’infrastruttura chiave per l’innovazione della sanità. Nell’ambito sanità digitale e investimenti, la somma stanziata per il lo sviluppo del FSE 2.0 è di 1,3 miliardi di euro.

Il sistema è pensato per valorizzare il dato clinico strutturato e supportare un ecosistema interoperabile, in linea con le normative nazionali ed europee.

A livello tecnico, la realizzazione del FSE dipende dall’adozione di repository clinici unici, presenti oggi nel 51% delle aziende sanitarie.

I tassi di digitalizzazione dei principali documenti clinici sono ormai elevati:

  • 92% per i referti di laboratorio;
  • 89% per i referti radiologici;
  • 73% per le lettere di dimissione.

In crescita anche l’integrazione di documenti standardizzati più recenti, come i referti anatomopatologici, che hanno raggiunto il 43%, rispetto al 31% dell’anno precedente.

Innovazione della sanità con l’AI: sperimentazioni, adoption e potenzialità

L’Intelligenza Artificiale (AI) è uno degli ambiti più promettenti e, allo stesso tempo, più sperimentali dell’innovazione sanitaria e, ovviamente, è destinata ad attrarre una parte sempre più considerevole degli investimenti in sanità digitale.

Le tecnologie di AI sono già utilizzate a regime, in particolare nell’analisi di immagini e segnali, da una quota rilevante di strutture, mentre numerose altre prevedono di adottarle entro il 2025: il 17% per immagini e segnali, così come per dati strutturati e testuali.

L’utilizzo degli strumenti di AI da parte dei professionisti è ancora contenuto, ma diffuso in modo omogeneo tra medici e infermieri. Per l’analisi dei dati strutturati, la fascia d’età 35-54 anni registra la percentuale più alta di adozione (29%) tra i medici specialisti.

La progressiva maturazione tecnologica dell’AI sarà sempre più cruciale per abilitare analisi predittive, supporto decisionale e personalizzazione delle cure.

Sanità digitale e investimenti: non solo tecnologie, ma cambiamento culturale e trasformazione organizzativa

I numeri e le tendenze analizzate fin qui riguardo a sanità digitale e investimenti in tecnologie fanno emergere a chiare lettere come la sanità italiana stia attraversando un momento cruciale di evoluzione, caratterizzato da una spinta verso l’innovazione che abbraccia però non solo la sfera tecnologica, ma anche quella organizzativa.

La vera sfida della sanità digitale e dei relativi investimenti, infatti, non risiede esclusivamente nella disponibilità di tecnologie avanzate come Intelligenza Artificiale, Telemedicina e sistemi di gestione elettronica dei dati. È essenziale garantire che queste innovazioni siano integrate in modo armonioso e funzionale nei processi clinici e organizzativi esistenti.

La digitalizzazione non può essere vista, cioè, come un semplice aggiornamento tecnico, ma deve rappresentare la punta dell’iceberg di un cambiamento culturale più ampio.
Ciò richiede un ripensamento delle pratiche operative, che deve essere supportato da un impegno continuo nella formazione degli operatori sanitari. È proprio e anche attraverso un’adeguata formazione, infatti, che il personale sanitario potrà sfruttare appieno le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, migliorando la qualità dell’assistenza fornita.

Inoltre, è fondamentale costruire una solida cultura del dato all’interno delle istituzioni sanitarie. Una cultura che valorizza la raccolta, l’analisi e l’utilizzo dei dati per migliorare i processi decisionali, ottimizzare le risorse e personalizzare i percorsi di cura.
Il dato in Sanità come motore d’innovazione. Solo con un approccio data-driven, infatti, il sistema sanitario potrà diventare veramente centrato sul paziente, garantendo un’assistenza sanitaria più efficiente, trasparente e reattiva.

Questo percorso di trasformazione, peraltro, non può prescindere dalla collaborazione tra settore pubblico e privato, università e centri di ricerca, al fine di creare un ecosistema sanitario innovativo e sostenibile.

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