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Liste d’attesa in Sanità: come ottimizzare tempi e risorse



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Occorre intervenire sulle cause che generano le liste d’attesa, senza attendere l’ampliamento degli organici o la costruzione di nuovi reparti. Il principio di base è rendere più efficiente, flessibile e tempestivo l’utilizzo delle risorse sanitarie disponibili attraverso nuovi modelli organizzativi

Pubblicato il 22 dic 2025

Giacomo Baldi

Fondatore & CEO GAPMED – medico anestesista



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Nel 2024, oltre 5,84 milioni di cittadini, pari a circa il 10% della popolazione italiana, hanno rinunciato a prestazioni sanitarieper ragioni economiche (3,1 milioni) o a causa dei tempi di attesa eccessivi (4 milioni).

L’incidenza di quest’ultima condizione è aumentata del +51% rispetto al 2023 e il fenomeno interessa, sebbene in modo eterogeneo, l’intero territorio nazionale: undici Regioni superano la media del 9,9% – tra cui Lombardia, Lazio e Puglia – mentre il valore più elevato di rinunce alle cure a causa delle liste di attesa si registra in Sardegna, con il 17,2%.

Liste d’attesa in Sanità: quali soluzioni?

Questi dati confermano come il tema della tempestività nell’erogazione delle prestazioni rappresenti un nodo cruciale: risolverlo è prioritario per salvaguardare la natura democratica del Servizio Sanitario Nazionale.

Alcune soluzioni già esistono, ma richiedono tempo e complessità; altre sono a portata di mano e permettono di intervenire sulle cause che generano le liste d’attesa, senza attendere l’ampliamento degli organici o la costruzione di nuovi reparti. Il principio di base è rendere più efficiente, flessibile e tempestivo l’utilizzo delle risorse sanitarie disponibili attraverso nuovi modelli organizzativi.

Le liste d’attesa come criticità strutturale

In Italia solo quattro visite su dieci vengono erogate nei tempi previsti (fissati in tre giorni per le prestazioni urgenti) e questo ritardo impatta in modo significativo sul percorso diagnostico-terapeutico.

La colonscopia si conferma la prestazione più critica: metà dei pazienti aspetta oltre 44 giorni e, in alcuni periodi specifici, più di 6 mesi.

Anche le visite specialistiche presentano tempi di attesa elevati: 57–114 giorni per un consulto cardiologico, 89–122 per uno neurologico, 27–108 ortopedico, 60–130 ginecologico.

Le cause sono numerose e vanno dal sovraccarico delle strutture pubbliche al sottoutilizzo di alcune risorse; va anche considerata l’evoluzione dei bisogni della popolazione, compreso il progressivo invecchiamento.

La questione del personale

La disponibilità di personale medico rappresenta un aspetto centrale: secondo le stime attuali, per far fronte ai volumi di attività e contribuire alla riduzione delle liste d’attesa, il SSN avrebbe bisogno di circa 16.500 specialisti aggiuntivi.

Le esigenze maggiori riguardano:

  • la medicina generale (–5.575 professionisti)
  • la pediatria (–3.323)
  • la medicina interna (–2.000)
  • l’anestesia (–1.395).

L’ampliamento degli organici richiede tuttavia tempi di attuazione articolati, in quanto legati a percorsi formativi e assunzionali di medio-lungo periodo, nonché ai pensionamenti.

Gli interventi in corso

Il Decreto-legge n. 73/2024 ha introdotto misure per migliorare trasparenza e controllo: la Piattaforma Nazionale Liste d’Attesa (PNLA)consente un monitoraggio condiviso e standardizzato delle tempistiche di prenotazione; inoltre è stato eliminato il tetto di spesa per il personale sanitario, favorendo la possibilità di nuove assunzioni e introducendo incentivi economici per chi offre prestazioni aggiuntive.

Completano il quadro la collaborazione del SSN con il privato accreditato e l’estensione degli orari di attività anche al di fuori della fascia ordinaria, con l’obiettivo di incrementare la capacità produttiva delle strutture senza incidere in modo significativo sui costi.

Liste d’attesa: il ruolo della gestione delle risorse

L’efficienza organizzativa rappresenta un elemento complementare alla disponibilità di personale: in diversi contesti, infatti, si potrebbe agire indirettamente sulle liste d’attesa efficientando l’utilizzo delle risorse esistenti (ad esempio, le sale operatorie che a volte restano inutilizzate). Gli interventi di miglioramento dei processi interni contribuiscono ad ampliare la capacità operativa delle strutture e possono generare benefici in tempi relativamente brevi, affiancandosi in modo efficace alle misure di rafforzamento degli organici.

Tra gli strumenti pensati per sostenere la modernizzazione gestionale delle strutture sanitarie, stanno emergendo modelli organizzativi che integrano componenti software e servizi operativi per coordinare in modo più efficiente il lavoro dei professionisti. Questi sistemi consentono di attivare équipe modulari dedicate, utili a potenziare le attività chirurgiche e ambulatoriali senza incrementare gli organici, valorizzando invece le risorse già presenti.

I primi progetti pilota avviati nel biennio 2024–2025 mostrano come questo tipo di modello sia scalabile: in alcune realtà, l’adozione di un’organizzazione di questo genere ha permesso di eseguire oltre 850 interventi chirurgici aggiuntivi in regime convenzionato con il SSN, senza ricorrere a risorse supplementari.

Tali misure, insieme al dialogo con una governance capace di leggere tempestivamente i bisogni emergenti, si confermano elementi chiave per preservare la piena fruibilità del diritto alla salute e la sostenibilità del SSN.

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