Patient Centered Care

Medico e Paziente: come e perché i ruoli stanno sempre più cambiando

Il Medico di oggi deve essere in grado di contrapporre alla tradizionale asimmetria dell’informazione l’asimmetria della formazione. Deve “imparare a disimparare” per fare spazio alle nuove competenze che servono per stare al passo con un nuovo approccio alla Sanità che vede il Paziente, e non il Medico o la malattia, al centro del percorso di cura

Pubblicato il 17 Ago 2022

Gabriele Traviglia

Medico Chirurgo

Medico-Paziente

Nel dipinto del 1889 di Luis Jiménez Aranda “Il reparto ospedaliero durante la visita del primario” – mostrato nell’immagine di apertura – viene ritratto il Medico chino sulla schiena del Paziente nell’atto dell’auscultazione. Gli astanti osservano attentamente e prendono appunti. Il Paziente appare invece debole, impotente. La sua vita è in mano alle conoscenze del Medico esperto e solo affidandosi alle sue cure potrà guarire.

Medico e Paziente: i ruoli sono cambiati

Ai nostri giorni, il dipinto sarebbe molto diverso: il Primario verrebbe ritratto in piedi a discutere con il Paziente e quest’ultimo sarebbe circondato da diversi macchinari in grado di fornire i suoi parametri in tempo reale. Gli specializzandi attorno sarebbero ritratti con il cellulare in mano, intenti a calcolare la posologia di un determinato farmaco o a consultare qualche algoritmo. Il Paziente, se cosciente e lucido, verrebbe immortalato nell’atto del gesticolare mentre pone domande specifiche, propone diagnosi e si informa sui possibili benefici e sugli effetti collaterali di ogni singola manovra terapeutica.

Il ritratto della visita successiva potrebbe apparire ancora più paradossale: il Paziente vestirebbe i panni del Medico, informandolo rispetto alle ultime novità in merito al trattamento della sua sospetta patologia. I familiari non sarebbero da meno e porrebbero domande difficili, precise, specifiche. I ruoli sarebbero ribaltati e l’asimmetria dell’informazione penderebbe a favore del Paziente.
Questo è il cambiamento a cui stiamo assistendo, soprattutto con i pazienti più giovani, ma non tutti ne sono consapevoli.

Una questione di (s)fiducia

Questa incapacità nel riconoscere (o accettare) che l’informazione è ormai alla portata di tutti, ha creato dei corto-circuiti nella gestione della salute del paziente e una profonda mancanza di fiducia da entrambe le parti.
Il Medico di oggi ha una conoscenza molto più ampia rispetto a quella del primario del 1889, ma ha perso la fiducia del Paziente, che mette in discussione – e talvolta confuta – la propria diagnosi dopo aver svolto una rapida ricerca. Questo meccanismo è alla base dell’approccio ormai diffuso della medicina difensiva, con cui il clinico delega la diagnosi ai colleghi o prescrive esami superflui pur di assicurarsi di avere agito in modo irreprensibile.
Il Paziente, a sua volta, perde un’importante figura di riferimento, capace di guidarlo nel mare di informazioni a cui ha accesso, per cui si sente confuso e diffidente.

Se il Paziente registra la conversazione con il Medico…

Prendiamo ad esempio un recente articolo dell’avvocato Silvia Fontanive in cui viene esplicitato il diritto del Paziente a registrare la conversazione con il Medico. Questa conversazione potrà essere presentata in sede legale per dimostrare l’imperizia del curante. Se non sarà in grado di abbracciare questo nuovo status quo basato su una sostanziale simmetria dell’informazione e collaborazione, il clinico potrà sentirsi minacciato e comunicherà sempre meno con il Paziente. Un Medico di base potrebbe persino ricusare il Paziente sulla base della perdita del rapporto di fiducia. Ciò andrebbe a discapito tanto del Paziente, quanto del Medico e del processo di cura.

Come riconciliare il rapporto tra Medico e Paziente 

E se, invece, in modo del tutto non convenzionale, fosse il Medico stesso a proporre al Paziente di registrare la conversazione?
Ci sarebbero diversi motivi validi per farlo: tra questi, riascoltare la conversazione in un momento di calma per comprendere meglio le informazioni, condividere le informazioni con i propri cari, prendere appunti sulla terapia proposta.
In questo caso, Medico e Paziente lavorerebbero come alleati e il rapporto di fiducia tenderebbe a crescere. La comunicazione sarebbe ancora più chiara e trasparente e il Paziente non avrebbe motivo di registrare la conversazione senza avvisare l’interlocutore, sulla base di una diffidenza reciproca.

Il Medico di oggi deve essere in grado di contrapporre all’asimmetria dell’informazione, che è sempre stata alla base dell’approccio tradizionale alla salute, l’asimmetria della formazione.
Il Paziente, a sua volta, deve capire che il ruolo del Medico non è quello di conoscere ogni dettaglio di una determinata malattia, ma di saper gestire tutti i vari aspetti della salute del malato.
Il lato umano dietro la conoscenza non può essere delegato a un algoritmo o a una linea guida. Questo è ciò su cui un professionista dovrà saper puntare per rendersi indispensabile, mettendo il Paziente al centro del percorso di cura e proponendosi come guida.

Così il Medico è una figura insostituibile 

Giampaolo Merlini, uno stimato Professore, durante le sue lezioni era solito concludere il ciclo di insegnamenti con questa frase: “Comportarvi umanamente con i vostri pazienti non è la vostra priorità. La vostra priorità è la conoscenza. Essere delle brave persone è un valore aggiunto, ma chi si affida a voi lo fa perché vede in voi l’unica figura con le competenze adatte a salvargli la vita. Quindi studiate!”.
Oggi, così come il dipinto, anche questa affermazione non supererebbe la prova del tempo. Da un Medico, infatti, ci si aspetta che, dopo anni passati sui libri, abbia una buona conoscenza per poter curare diverse malattie. Ma le risposte sono ormai alla portata di tutti, ciò che è difficile è saper porre le giuste domande. E, soprattutto, capire qual è il valore umano da poter aggiungere al percorso di cura, perché è ciò che renderà il Medico una figura insostituibile.
Quindi bisogna studiare, certo, ma anche essere curiosi e “imparare a disimparare”, per fare spazio alle nuove competenze che servono per rimanere al passo con un nuovo modello di Sanità che vede il Paziente, e non il Medico o la malattia, al centro del percorso di cura.

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