Music therapy

Bach e Armstrong in sala operatoria… ed è tutta un’altra musica!

Dalla musica classica al jazz: grazie alla musicoterapia, è possibile ridurre ansia e ipertensione prima di un intervento chirurgico. Ma la sperimentazione necessita di un approfondimento metodologico

Pubblicato il 19 Ott 2021

Eugenio Santoro

Unità di ricerca per la sanità digitale e le terapie digitali, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

shutterstock_1837283242

Un intervento musicale personalizzato, basato su una web app, “somministrato” prima di una operazione chirurgica (nel caso in questione, di cataratta), è in grado di abbassare i livelli di ansia e ipertensione e può ridurre la necessità di farmaci sedativi. Questi sono i risultati più importanti di una sperimentazione clinica randomizzata recentemente pubblicata sulla rivista Jama Ophthalmology (una delle più conosciute al mondo nel campo della oftalmologia) che aggiungono ulteriori prove di efficacia della musicoterapia in contesti medici.

Così la musica riduce ansia e stress

Eccesso di ansia ed eventi ipertensivi durante l’intervento di cataratta possono indurre complicazioni. Infatti, l’ansia provoca stress che a sua volta spinge il sistema cardiovascolare a rispondere attivando il sistema nervoso simpatico, con conseguente aumento della frequenza cardiaca e dei livelli di pressione sanguigna. Questi meccanismi possono complicare l’intervento chirurgico a causa dell’aumento della pressione intraoculare. Ipertensione e tachicardia superiori a 85 battiti al minuto rappresentano, quindi, un aumento del rischio di emorragia orbitale durante l’iniezione di un anestetico locale e di una potenziale emorragia espulsiva sovracoroideale. Pertanto, è consigliato che i pazienti con grave ansia siano preventivamente trattati. Tra i trattamenti non farmacologici, la musicoterapia sembra offrire un rimedio nella gestione degli stati di ansia che si presentano prima di un intervento chirurgico, grazie al fatto che la musica aumenta i percorsi di ricompensa positivi nel cervello.

Il sistema Music Care

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione applicate alla salute sono popolari, ma le prove cliniche della loro utilità sono rare e limitate al trattamento dell’ansia. Pubblicazioni recenti hanno descritto i potenziali effetti delle scelte musicali personalizzate come intervento “mobile-based” per il dolore (in particolare, quello cronico). Queste sono le ragioni che hanno portato un gruppo di ricercatori francesi a studiare gli effetti di Music Care (un intervento musicale basato su una app) sulla incidenza di ipertensione nei pazienti sottoposti a un intervento di cataratta eseguito in anestesia locale.
Si tratta di un sistema (usato insieme a un tablet Samsung Galaxy) che eroga musiche per rilassare il paziente, composte utilizzando la “sequenza U” (una tecnica in base alla quale la composizione musicale parte con un ritmo sostenuto di 80-95 battiti al minuto accompagnato dal suono di 10-20 strumenti, per poi scendere costantemente e raggiungere la fase più rilassante ad un ritmo di 30-40 battute al minuto e da 1 a tre strumenti di accompagnamento, per poi risalire a un ritmo moderato di 60-80 battiti al minuto con 5-10 strumenti musicali). Le musiche, della durata di 20 minuti, abbracciano diversi stili musicali (dalla musica classica a quella jazz) e sono composti da noti artisti francesi.

Metodologia dello studio

L’intervento musicale è stato “somministrato” ai pazienti, attraverso delle cuffie, 20 minuti prima dell’inizio dell’intervento chirurgico di cataratta. Non a tutti, però. Lo studio disegnato è, infatti, uno studio clinico randomizzato, condotto in cieco, mascherato e controllato, composto da 2 bracci di trattamento e si è svolto in un unico centro presso l’Ospedale Cochin di Parigi. Si tratta della stessa  metodologia usata per studiare l’efficacia dei farmaci che ha il vantaggio di eliminare eventuali “bias” o forzature date dalla conoscenza del trattamento da parte del medico o del paziente, come per esempio assegnare il trattamento “attivo” ai pazienti che, secondo il parere del medico, potrebbero beneficiarne di più. I pazienti in attesa di un intervento di cataratta (per un totale di 310) sono stati quindi assegnati in modo casuale al braccio sperimentale (l’intervento di musicoterapia, per un totale di 155 pazienti) o al braccio di controllo (cuffie che cancellavano i rumori e senza ascolto di musica, per un totale di 155 pazienti) per 20 minuti prima dell’intervento. Lo studio è stato condotto in cieco (i medici non conoscevano, cioè, il braccio di trattamento assegnato ai pazienti), ma non in doppio cieco (solo il personale infermieristico e, ovviamente, il paziente, era a conoscenza del trattamento assegnato).

Ansia e ipertensione prima, durante e dopo l’intervento

L’endpoint primario era il verificarsi di almeno un evento ipertensivo durante l’intervento di cataratta, definito nel protocollo come livello di pressione sistolica superiore a 160 mm Hg e/o pressione diastolica superiore a 100 mm Hg, combinato con un livello di tachicardia superiore a 85 battiti per minuto. Gli endpoint secondari riguardavano l’evoluzione dell’ansia (determinati utilizzando una scala analogica visiva – VAS – e basata sul Patient Report Outcome – dati riportati direttamente dal paziente) al termine dell’intervento, la quantità di farmaci ansiolitici iniettati durante la procedura chirurgica e la durata della stessa. Lo stato di ansia, i livelli di pressione arteriosa e la frequenza cardiaca sono stati tutti registrati prima e dopo l’intervento (sia nei pazienti trattati con intervento musicale che nei controlli).

I risultati (incoraggianti) del trattamento musicale

Riguardo l’endpoint primario, l’incidenza di ipertensione era significativamente inferiore nel braccio dell’intervento musicale (21 eventi [13,6%]) rispetto al braccio di controllo (82 eventi [52,9%]), con una differenza tra i 2 bracci del 39,3% (95% CI, 21,4%-48,9%; P <0,001). Per quanto riguarda gli endpoint secondari, lo stato di ansia era più basso nel braccio di intervento musicale (VAS 1,4 [Deviazione standard 2,0]) rispetto al braccio di controllo (VAS 3,1 [Deviazione standard 2,4]), con una differenza di 1,5 (IC 95%, 1,0-2,1; P = .005).
Il numero medio di iniezioni di farmaci sedativi richieste durante l’intervento chirurgico è stato di 0,04 (deviazione standard 0,24) vs 0,54 (deviazione standard 0,74) rispettivamente nel braccio di intervento e in quello di controllo, con una differenza di 0,50 (IC 95%, 0,43-0,57; P <0,001).
Il fatto che i confronti tra percentuali e medie abbiano fornito un valore di P<0.05 indica che la loro differenza è statisticamente significativa e, pertanto, essa deve essere legata (con un margine di correttezza del 95%) all’effetto del trattamento musicale. Nessuna differenza tra i due interventi è  stata riscontrata, invece, nella durata della procedura chirurgica.
Gli autori dello studio concludono sostenendo che un intervento musicale personalizzato basato su una app prima di un intervento chirurgico di cataratta può essere preso in considerazione per abbassare i livelli di ansia e ipertensione e per ridurre la necessità di farmaci sedativi.

I dubbi sul metodo

Occorre però chiedersi: questi dati sono sufficienti per supportare la richiesta dei ricercatori e introdurre questa pratica nei processi di assistenza dei pazienti in questi contesti (e in altri, come quello delle terapie intensive, dell’Alzheimer e del dolore cronico provocato da lombalgia, dove la tecnologia è stata ugualmente sperimentata clinicamente)?
La risposta è no, a giudicare dall’editoriale di accompagnamento della stessa rivista, che mette in dubbio non tanto la bontà dello strumento, ma quello del metodo usato per misurarne l’efficacia. L’uso dei cosiddetti Patient Report Outcome, in questo caso la segnalazione degli stati d’ansia riportati sulla base della percezione dei pazienti, potrebbe essere quantitativamente superiore rispetto a quello misurato da scale oggettive di validazione. Inoltre, questo valore potrebbe essere sovrastimato nel gruppo di controllo, proprio per il fatto che i pazienti appartenenti a questo gruppo sono a conoscenza del trattamento a loro assegnato e potrebbero essere quindi propensi a segnalare stati d’ansia in misura maggiore rispetto al gruppo d’intervento, proprio perché consapevoli di non usare un “trattamento attivo”.
Per aggirare il problema, l’editoriale suggerisce di condurre nuovi studi in doppio cieco, dove anche il paziente non conosca il braccio di trattamento a cui è stato assegnato (per esempio, il braccio di controllo, invece che il silenzio, potrebbe produrre altri generi di musica “strutturalmente” diversi da quelli proposti dall’intervento musicale in studio).

Conclusioni

Nella validazione di strumenti e tecnologie per la salute e la medicina sono necessari studi clinici di approfondimento che misurino e confrontino indicatori clinici validati (e non indicatori tecnologici o di processo tanto cari agli sviluppatori di strumenti innovativi, compresi quelli della digital health) e che si basino sulla metodologia delle sperimentazioni cliniche controllate, la Evidence Based Medicine e l’Health Technology Assessment.
Solo in questo modo e solo sulla base di risultati solidi dal punto di vista metodologicosarà possibile giustificare l’introduzione di queste metodiche (e, in generale, di quelle della digital health) in un percorso assistenziale.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 5