Molti investimenti si fermano all’operatività quotidiana, mentre il vantaggio competitivo si costruisce con innovazione clinica e fiducia misurabile.
L’Intelligenza Artificiale in sanità crea valore solo se si innova davvero e se l’innovazione viene trasformata in fiducia e outcome contrattualizzati. Solo così l’AI in sanità sarà la leva per costruire l’impalcatura che reggerà i sistemi sanitari del futuro
Negli ultimi anni l’Intelligenza Artificiale ha invaso il lessico e l’agenda della sanità: algoritmi che scrivono referti, sistemi predittivi, strumenti di supporto decisionale, chatbot per il paziente.
La narrazione è potente, ma spesso resta frammentata. Per leggere con onestà questo scenario serve una cornice che distingua la creazione del valore dal suo consumo.
Indice degli argomenti
La Smiling Curve dell’AI in sanità
La “Smiling Curve” di Stan Shih, nata nell’elettronica di consumo, ci offre una attualissima logica di valutazione e rappresentazione.
In ogni settore, il valore si concentra ai bordi (innovazione e impatto) e si rarefa al centro (delivery).
La Sanità non fa eccezione: molti investimenti si fermano nella parte mediana, l’operatività quotidiana, mentre il vantaggio competitivo si costruisce solo agli estremi: innovazione clinica e fiducia misurabile.
Il rischio è chiaro: un sistema che si limita a “automatizzare il mezzo” risparmia nell’immediato, ma non costruisce differenziazione né sostenibilità di lungo periodo.

Creazione di valore con innovazione clinica (bordo sinistro)
È qui che l’AI genera vera differenziazione. Non si tratta di ridurre i costi, ma di ampliare ciò che la Medicina può fare.
- Diagnostica multimodale. L’uso combinato di testo clinico, immagini e segnali fisiologici apre a sistemi di triage e supporto decisionale più accurati. Progetti come MedPaLM e AMIE (Google DeepMind, 2024) mostrano che un LLM addestrato su dati multimodali può già avvicinarsi alle performance di un clinico esperto in contesti selezionati. Tra i nuovi modelli di intelligenza artificiale applicati alla pratica clinica, emergono le soluzioni conversazionali multimodali. Nel 2024, Google DeepMind ha presentato AMIE (Articulate Medical Intelligence Explorer), un modello conversazionale in grado di condurre interviste cliniche simulate e formulare ipotesi diagnostiche con performance comparabili a medici esperti (Singhal et al., 2024).
- Digital biomarkers e medicina di precisione. Wearable e sensori generano feature continue, dalla voce ai pattern ECG, che permettono di stratificare rischio e follow-up personalizzati. La FDA ha riconosciuto l’importanza dei digital biomarkers nel suo percorso regolatorio, culminato nella guida finale sui Digital Health Technologies for Remote Data Acquisition in Clinical Investigations.
In oncologia e cardiologia, sono già in corso trial che validano parametri digitali come endpoint surrogati. - Copiloti per la ricerca clinica. L’AI accelera l’arruolamento, interroga real-world data, estrae variabili strutturate dalle cartelle cliniche.
Secondo McKinsey (2025), l’uso di AI e machine learning nei trial clinici può accelerare l’arruolamento del 10–15% e ridurre le tempistiche complessive di sviluppo di circa sei mesi. In Europa, l’EMA ha aperto a framework di valutazione che integrano dati digitali e real-world evidence. - Predizione e prevenzione. Sistemi predittivi per rischio di riospedalizzazione, interruzioni terapeutiche o eventi avversi possono integrare alert direttamente nei workflow clinici. Uno studio su JAMA Network Open (Pattar et al., 2025 – Electronic Health Record Interventions to Reduce Risk of Hospital Readmissions) ha evidenziato che gli interventi basati su sistemi EHR, nei quali sono sempre più spesso integrate soluzioni di Intelligenza Artificiale, sono associati a una riduzione del rischio di riammissione ospedaliera del 17% a 30 giorni e del 28% a 90 giorni.
- Privacy-preserving tech. Federated learning e synthetic data ben governati, come nel progetto europeo MELLODDY (10 big pharma coinvolte), mostrano che è possibile innovare senza spostare i dati sensibili. Questo modello di AI distribuita sarà cruciale con l’entrata in vigore dell’AI Act e con i limiti sul trattamento cross-border di dati sanitari.
Senza un investimento serio su questo bordo, i sistemi sanitari si condannano a una modernizzazione cosmetica: qualche efficienza, ma zero differenziazione.
Delivery e automazione (il centro)
È la zona dove oggi si concentra la maggior parte dei budget. Trascrizione automatica, codifica, prenotazioni, assistenti digitali integrati nei gestionali di cartella clinica elettronica.
Sono strumenti necessari: aumentano l’efficienza, liberano tempo clinico, riducono errori amministrativi. Secondo McKinsey (2023), la Generative AI potrebbe automatizzare fino al 60–70% delle attività lavorative oggi svolte dagli esseri umani, con un impatto particolarmente rilevante nei processi amministrativi e di gestione delle informazioni, aree che, nel contesto sanitario, rappresentano un potenziale significativo di recupero di tempo clinico.
Ma in questo ambito il valore tende a commoditizzarsi rapidamente: la concorrenza riduce i margini e rende intercambiabili gli ospedali o i provider che investono soltanto nella fase di delivery.
È la classica “trappola del mezzo”: un ritorno rapido sull’investimento, destinato però a esaurirsi presto.
Un fornitore che si limita a proporre chatbot per prenotazioni o tool di codifica ICD-10 non costruisce barriere competitive. È un investimento utile, ma incapace di trasformare l’identità del sistema sanitario.
Cattura di valore con fiducia e impatto (bordo destro)
Il vero vantaggio competitivo non è solo innovare, ma trasformare l’innovazione in fiducia, outcome e preferenza.
- Outcome ed esperienza. Ottimizzare il ciclo di cura significa ridurre riospedalizzazioni, aumentare l’aderenza, accorciare tempi di accesso e restituire tempo clinico. Nello studio di Kaiser Permanente pubblicato su BMJ (Kipnis et al., 2021), l’implementazione di un percorso di cura supportato da un modello predittivo AI-driven (Advance Alert Monitor) ha determinato una riduzione delle riammissioni e dei ricoveri evitabili a 30 giorni di circa il 9–10% nei pazienti a rischio medio-alto, rispetto al trend atteso. In Germania, i programmi di Digital Health Applications (DiGA) rimborsati dal sistema pubblico includono già valutazioni di outcome real-world.
- Governance regolatoria. In Europa, l’AI Act classifica molti sistemi clinici come “alto rischio”, richiedendo auditabilità, gestione bias, tracciabilità versioni e dati. Per applicazioni che rientrano come Medical Device, servono anche standard IEC 62304 (software), ISO 14971 (risk management) e sorveglianza post-market. L’Italia, con il DM 77 e i fondi PNRR, sta iniziando a chiedere outcome misurabili per la digitalizzazione della medicina territoriale.
- Trust e loyalty. Gli stakeholder – pazienti, clinici, payer – scelgono chi offre trasparenza e accountability. In un mercato in cui l’AI diventerà ubiqua, il vero differenziale sarà la capacità di dimostrare affidabilità clinica e sostenibilità etica. Nel lungo periodo, la formula è semplice: Trust + Loyalty = Long-term Advantage.
La trappola del mezzo
Perché si continua a investire lì?
- È più semplice politicamente: i benefici sono visibili e rapidi.
- È meno rischioso regolatoriamente: automazioni amministrative non scatenano l’attenzione delle agenzie.
- È misurabile a breve termine: ore risparmiate, costi tagliati.
Ma col tempo il vantaggio si esaurisce. Un ospedale che si limita ad automatizzare diventa intercambiabile. Un sistema sanitario che investe solo lì perde la possibilità di posizionarsi come innovatore o come garante di fiducia.
Visione futura: Sanità 2030
La vera partita si gioca ai bordi:
- Prevenzione predittiva. Sistemi che anticipano malattie croniche con anni di anticipo, basandosi su digital twins sanitari e longitudinal health records. In oncologia, l’AI potrà prevedere recidive prima che emergano radiologicamente.
- Ecosistemi federati. I dati non più come proprietà chiusa, ma come commons regolati da standard aperti e auditabili. La Francia con Health Data Hub e l’Europa con lo European Health Data Space stanno costruendo le basi.
- Trasparenza radicale. Audit automatici, explainability-by-design, governance distribuita. L’AI come strumento non solo clinico, ma di accountability sociale.
- Clinici e pazienti co-creatori. L’AI non più black box, ma piattaforma interattiva. Pazienti che alimentano i propri digital twin, clinici che configurano modelli personalizzati sul proprio contesto.
Una sanità personalizzata, sostenibile e affidabile non nascerà dall’automazione del mezzo, ma dal coraggio di spostare capitali e competenze sui bordi.
Cosa ci insegna la Smiling Curve dell’AI in sanità
La lezione della Smiling Curve è chiara: l’AI in sanità crea valore solo se si innova davvero (bordo sinistro) e se quell’innovazione viene trasformata in fiducia e outcome contrattualizzati (bordo destro).
Il centro resta essenziale, ma non differenzia.
La domanda finale è inevitabile: vogliamo che l’AI in sanità sia solo un motore di efficienza, o la leva per costruire la fiducia che reggerà i sistemi sanitari del futuro?
Riferimenti bibliografici
Singhal, K., Tu, T., Gottweis, J., Bajaj, S., Hou, L., Altman, R., et al. (2024). Articulate Medical Intelligence Explorer (AMIE): Towards conversational diagnostic AI. Nature (advance online publication). https://doi.org/10.1038/s41586-024-07656-8
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Pattar, S. S. B., Ackroyd, A., Sevinc, E., et al. (2025). Electronic health record interventions to reduce risk of hospital readmissions: A systematic review and meta-analysis. JAMA Network Open, 8(1).
Kipnis, P., Soule, T., Marafino, B. J., et al. (2021). Evaluation of an intervention targeted with predictive analytics to prevent readmissions in a large health system. BMJ, 374, n2203.
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