Pharma e Biotech

Il ruolo strategico dell’innovazione nel settore farmaceutico italiano

Il paradosso del nostro Paese: grande mercato di consumo, bassi investimenti in ricerca e sviluppo. Occorre aumentare la capacità competitiva sostenendo le imprese biotech innovative. Fondamentale il ruolo dello Stato

Pubblicato il 20 Ott 2021

Domenico Marino

Professore associato Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

Il settore farmaceutico è un segmento molto importante e peculiare di ogni sistema produttivo, come evidente dai suoi numeri. In Europa, nel 2018, il mercato farmaceutico valeva 260 miliardi di euro (questo dato includeva le imprese del Regno Unito che contribuivano per circa il 50% al fatturato europeo).
A seguito della Brexit, la capacità dell’Europa di essere presente con posizioni di forza in questo mercato si è affievolita e, di conseguenza, il già ampio divario con gli Stati Uniti si è ancora di più allargato.

Italia: bene il fatturato, ma pochi investimenti in R&S

Se guardiamo i dati Eurostat relativi agli investimenti in ricerca e sviluppo, sono la Germania (con il 19,6% del totale) e la Svizzera (con il 17,3% del totale) ad avere la posizione preminente. Il Regno Unito le segue a ruota con il 15%, mentre la Francia si attesta al 12,6%.
Con volumi di spesa nettamente più bassi troviamo l’Italia (4,3% del totale).

In Europa, per quanto riguarda il fatturato, troviamo che la Svizzera ha il valore più elevato (45 miliardi di euro), seguita dall’Italia con 31,2 miliardi che precede a sua volta la Germania con 30,5 miliardi e la Francia e il Regno Unito, rispettivamente con 21,9 e 20,6 miliardi di Euro.

I colossi del mercato farmaceutico

A livello globale, le cinque società farmaceutiche più grandi per valore azionario sono oggi:

1.     Johnson & Johnson (418 miliardi di dollari – USA)
2.     Roche Holding (283 miliardi di dollari – Svizzera)
3.     Pfizer (195 miliardi di dollari – USA)
4.     Merck & Co. (189 miliardi di dollari – USA)
5.     Novartis (189 miliardi di dollari – Svizzera)

Non si può non notare come il valore della prima di queste imprese sia superiore al PIL della Nigeria (che è il paese più popoloso dell’Africa, con quasi 200 milioni di abitanti).

Stato o cittadini: chi acquista i farmaci

Per completare il quadro, occorre aggiungere alcune considerazioni sulla peculiarità del mercato farmaceutico: esso presenta sia contesti in cui sono gli Stati ad acquistare la maggior parte dei farmaci (che entrano a tutti gli effetti come componente di costo all’interno del sistema sanitario nazionale)  – l’Italia appartiene a questo gruppo di paesi – sia contesti in cui sono i consumatori finali coloro che pagano i farmaci (ad esempio, ciò accade negli Stati Uniti). È chiaro che è il secondo gruppo di paesi a pagare un prezzo più elevato per i farmaci, anche se i consumi più alti si osservano nel primo gruppo.

Valorizzare le imprese biotech innovative

La prima riflessione che si può fare, a partire da questi dati, è che l’Europa Comunitaria ha una capacità competitiva molto bassa nello scacchiere mondiale e che essa è resa ancora più debole dalla Brexit.
In questo quadro, l’Italia si rivela un forte mercato di consumo, ma con investimenti in ricerca e sviluppo bassissimi, cosa che ci fa capire come, dal punto di vista della competizione globale, l’Italia sia (ancora) totalmente marginale.

Nel medio e lungo periodo l’Italia in particolare, ma lo stesso ragionamento può essere esteso all’UE, ha un solo modo per superare questa situazione di svantaggio: sostenere le imprese biotech innovative che stanno sempre più popolando – anche se ancora a macchia di leopardo – l’ecosistema italiano delle imprese e che, se valorizzate, possono trasformare l’Italia in un paese produttore di brevetti innovativi.

Tali imprese sono fondamentali anche nella prospettiva dello sviluppo di nuove terapie digitali. Come giustamente affermato in “Terapie digitali, necessità per lo sviluppo dell’ecosistema tecnologico ed economico dell’Italia” (Tendenze nuove – numero speciale 1/2021),  “ad oggi nessuna Digital Biotech Company italiana ha ancora completato lo sviluppo di una propria terapia digitale (…).  Al momento, nessuna azienda farmaceutica italiana ha formalizzato accordi di collaborazioni con start-up di terapie digitali. Le terapie digitali rappresentano tuttavia una grande opportunità per il nostro Paese (…). Affinché il nostro Paese possa assumere un ruolo da protagonista in questa area emergente della tecnologia digitale e della salute, in primo luogo le istituzioni, ma anche le imprese, gli investitori, i pazienti e le rappresentanze della società civile devono allineare i propri interessi ed identificare la biotecnologia digitale come area strategica per il Paese. Uno sforzo congiunto sarà l’unico modo possibile per consentire a Digital Biotech Companies e imprese farmaceutiche operanti in Italia di ricercare, sviluppare e commercializzare in tutto il mondo nuove terapie digitali e nuove terapie farmaco-digitali combinate, basate su ricerca e sviluppo condotti anche in Italia e con l’obiettivo strategico di offrire una migliore risposta alle attese dei pazienti e concorrere allo sviluppo economico e sociale del Paese”.

L’importanza degli investimenti pubblici

Il ruolo dello Stato è fondamentale, perché gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore biotech sono rilevanti e, spesso, sono al di fuori della portata delle piccole imprese innovative.
Occorre considerare il settore biotech come un settore strategico e veicolare grandi investimenti pubblici per la ricerca e lo sviluppo di farmaci innovativi.
Ad esempio Moderna, che è una “piccola” impresa innovativa nel complesso settore del biotech, ha avuto finanziamenti per miliardi di dollari per sviluppare un vaccino contro il Covid. E ciò si è rivelato essere un investimento di successo su tutti i fronti!
La lezione che avremmo dovuto (e dobbiamo) imparare è che il settore farmaceutico e biotech è strategico per un paese avanzato e, per colmare il gap con gli altri Paesi, occorre creare un ecosistema di imprese biotech innovative che facciano ricerca e producano farmaci innovativi.
Il possesso di questi brevetti innovativi sarà l’elemento che permetterà al sistema Italia di sedersi da protagonista nel mercato farmaceutico e biotech a livello mondiale. Se questo non accadrà, rimarremo un mercato di mero consumo dei farmaci, con imprese che producono per lo più per conto e/o su brevetti di case farmaceutiche straniere, creando poca ricchezza e poco valore per il sistema Italia e condannandolo alla dipendenza dalle decisioni dei grandi colossi mondiali del settore

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